Citazione diretta a giudizio: conseguenze del mancato avviso della facoltà di ricorrere alla messa alla prova

Questione assai dibattuta nella prassi quotidiana in relazione ai giudizi penali monocratici con procedimento per citazione diretta a giudizio, è quella delle conseguenze del mancato avviso, in sede di decreto ex art. 550 c.p.p., della possibilità per l’imputato di avvalersi dell’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova, ex artt. 168-bis c.p. e 464-bis c.p.p.

Sul punto è intervenuta la Corte Costituzionale con ordinanza n. 71/2019 resa all’udienza del 20/02/2019, la quale ha affermato incidentalmente l’importante principio per cui, in caso di mancanza del predetto avviso nel decreto di citazione diretta a giudizio, il Giudice deve restituire il fascicolo al Pubblico Ministero perché provveda a rinotificare il decreto “corretto”, e cioè contemplando anche l’avviso della facoltà di ricorrere alla definizione del giudizio con le forme della messa alla prova.

Va premesso che in relazione a questo importante istituto deflattivo, la Consulta si era già espressa con la decisione n. 201/2016, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 460, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che il decreto penale di condanna contenga l’avviso della facoltà dell’imputato di chiedere, mediante l’opposizione, la sospensione del procedimento con messa alla prova, proprio in quanto l’omissione dell’avviso può “determinare un pregiudizio irreparabile” al diritto di difesa di cui all’art. 24, secondo comma, Cost., essendo “nel procedimento per decreto il termine entro il quale chiedere la messa alla prova […] anticipato rispetto al giudizio”.

In particolare, la Corte Costituzionale con la recente ordinanza n. 71/2019, dichiarando inammissibile la questione di legittimità costituzionale perché sollevata da un imputato che non vi aveva interesse nel caso concretamente sottoposto al vaglio di legittimità, ha incidentalmente affermato che: “il giudice remittente avrebbe potuto, peraltro, superare il dubbio di costituzionalità attraverso un’interpretazione della normativa nel senso di ritenere necessaria la restituzione degli atti al pubblico ministero, tenuto conto anche della circostanza che nell’avviso di conclusioni delle indagini preliminari, ex art. 415-bis cod. proc. pen., il pubblico ministero nel giudizio a quo aveva effettivamente formulato tale avviso”.

Pertanto, quando la citazione diretta a giudizio riguarda reati per i quali è ammesso il ricorso all’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova, il Pubblico Ministero deve avvisare l’imputato  della possibilità di avvalersi di tale istituto.